Lettera aperta contro la dirigenza nazionale dell’UICI, di Gennaro Iorio

Buon giorno, come molti ho partecipato all’ultimo concorso bandito dal MIUR.
Come moltissimi non ho superato la prova scritta; delle anomalie didattiche non è qui il luogo in cui parlarne. Queste righe sono una denuncia pubblica contro la dirigenza nazionale dell’unione italiana ciechi.
Specifico che dell’unione ne sono sia socio e sia dirigente provinciale.
L’oggetto della mia denuncia è il seguente:
la dirigenza nazionale si è mostrata inadeguata, impreparata ed inutile nel rendere accessibile alle persone cieche il concorsone scuola.
Ho effettuato l’iscrizione online sul portale MIUR dove ho specificato gli ausili di cui avevo bisogno: computer attrezzato, formato della prova accessibile, una persona di fiducia per la trascrizione della prova.
Per tutti la prova è stata al computer.
Quando ho chiesto all’ufficio scolastico regionale la conferma di quello che avevo chiesto, dando per scontato che ci fosse, ho ricevuto la
notizia: il formato della prova, gestito dal CINECA, non è accessibile.
Da quel momento è iniziata la mia trattativa con l’ufficio scolastico regionale, nello stesso momento ho segnalato ai responsabili nazionali dell’UICI l’anomalia e ho chiesto chiarimenti su questa grave mancanza.
Non ho ricevuto risposte esaustive, solo vaghi messaggi; ho capito che l’associazione si era si mossa, ma con grave ritardo senza neanche ottenere alcuna garanzia.
Nel frattempo trattavo, come ad un mercato rionale, con l’ufficio scolastico regionale della regione Emilia-Romagna. Ho chiesto di poter utilizzare un computer personale che avrei fatto controllare, ho chiesto di poter leggere i quesiti in braille per lo meno quelli in lingua, ma non ho ottenuto nulla.
Ho ottenuto, solo, una persona di fiducia ed il tempo aggiuntivo; così nel
2016 ho dovuto dettare le mie risposte… Nel 2016 non ho avuto il diritto di leggere e di scrivere né informaticamente né in braille.
Non bisogna essere un esperto per comprendere che dettare ed ascoltare è una condizione di enorme svantaggio comparata a chi scrive elegge direttamente.
Alla dirigenza nazionale pongo questi quesiti:
Perché la dirigenza nazionale non ha protestato?
Perché non ho letto un articolo su questo?
Perché i responsabili nazionali dell’istruzione e del lavoro non hanno vigilato sulla correttezza del concorso?
Perché non hanno garantito a me e a tutti i ciechi il diritto alla scrittura ed alla lettura?
Trattare con il ministero non è semplice, così mi ha risposto un dirigente nazionale, ma chi ha una carica importante deve avere la capacità di opporsi, di protestare, invece…
Qualcuno dirà: perché hai scritto dopo aver saputo l’esito negativo?
Perché non volevo essere un caso mediatico, perché avevo già scelto di scrivere in ogni caso alla fine della storia e questo l’ho dichiarato, mesi fa, pubblicamente all’ultimo consiglio provinciale dell’UICI.
Speravo che la nuova dirigenza nazionale fosse sinonimo di presenza, attenzione, entusiasmo e capacità di opporsi.
Forse la vecchia dirigenza, che tanto ha ottenuto, non avrebbe permesso questo.
Forse i responsabili di questa sconfitta legale dovrebbero dimettersi, ma in Italia non si dimette nessuno.
L’UICI per legge deve tutelare ogni cieco ed ipovedente italiano, socio o non socio e per tale riconoscimento prende soldi pubblici; per questo la mancanza di cui vi siete gravati è gravissima.
La mia esperienza di dirigente, per quanto insignificante, si concluderà a fine mandato in un’associazione incapace di opporsi, di protestare, di tutelarci e di metterci alla pari degli altri io non mi riconosco più.
Padre Maria Turoldo diceva: Mio dio dammi fame e sete di opposizione.
A voi dirigenti nazionali manca il coraggio e così non siete né politici abili né dirigenti associativi validi.

Gennaro Iorio

Risposta del Presidente Nazionale
Caro Gennaro,
la tua lettera è una scossa morale che suscita e solleva interrogativi globali riguardanti perfino le scelte di vita e di impegno di tanti tra noi.
Le parole dure, i giudizi trancianti, le valutazioni impietose, non possono non portare con sé interrogativi e considerazioni che ciascuno di noi deve articolare dinanzi alla propria coscienza e di fronte all’intero corpo associativo.
Nel merito dell’episodio non torno. Sarebbe superfluo, così come esprimere solidarietà, comprensione, partecipazione. Non credo, infatti, la lettera sia stata formulata e inviata per suscitare umani sentimenti di facile solidarismo. Mi pare piuttosto che essa ponga, al di là dell’episodio specifico, questioni cruciali circa il ruolo di una associazione come la nostra e circa la capacità di gestirla da parte di chi, fin troppo recentemente, è stato chiamato a dirigerla.
Dimettersi? Ma non credi sarebbe troppo semplice? Per aprire quali scenari? E chi subentrerebbe, avrebbe poi maggiori strumenti e superiore forza per fare meglio e di più? La vecchia dirigenza, tu dici, ci avrebbe tutelato meglio e non avrebbe permesso che accadesse quanto è accaduto? Forse…. Sebbene io non dimentico mai che il presente è figlio del passato. Insomma, torniamo al vecchio adagio “si stava meglio quando si stava peggio!”.
Io mi sento personalmente responsabile della situazione e assumo su di me, come è giusto che sia, tutto il peso delle mancanze, delle inadempienze, delle colpe della dirigenza associativa nazionale che hanno potuto contribuire a causare questo danno.
E’ stato violato un Diritto fondamentale e la nostra azione di tutela è risultata insufficiente. Non perché non si è protestato abbastanza o non si è scritto qualche trafiletto di stampa. Questo, caro Gennaro, sarebbe stato per me e per la dirigenza fin troppo facile, quanto futile, ahimè. Se bastasse qualche riga di protesta o qualche comunicato reboante per non essere giudicati incapaci, inadeguati, inutili, credimi, non vi sarebbe nulla di più semplice da fare. No, la nostra azione di tutela è stata insufficiente perché non ha saputo raggiungere il risultato. Non è riuscita, infatti, a scalfire la consolidata prassi di fornire un assistente, così come è sempre avvenuto, con centinaia e centinaia di ciechi e ipovedenti che da decenni sono stati costretti a sostenere concorsi come il tuo, con le stesse limitazioni che tu ben descrivi.
Un Diritto negato!
Come tante volte accade nella vita quotidiana di ciascuno di noi. E non occorre ricordare altri esempi analoghi o perfino molto, molto più dolorosi e umilianti. Forse però, potrebbe risultare di qualche utilità che ognuno di noi, prima di affrontare la riflessione che tu ci proponi, prima di avviarsi a elencare soluzioni e ricette, chieda a se stesso che cosa e quanto riesce a fare nella quotidianità del giorno per giorno per aiutare questa nostra associazione nella tutela di Diritti negati come quello che tu hai segnalato molto opportunamente.
Dall’insieme delle capacità dei singoli, delle risorse individuali, delle volontà di ciascuno, scaturisce il pensiero collettivo, si definisce l’azione comune, si pongono basi e presupposti per un vero progredire delle condizioni morali e materiali esistenti.
Con la prossima riunione della Direzione Nazionale, già prevista per il 31 agosto, proporrò che l’Unione assuma il patrocinio di una causa legale specifica, relativa alla violazione di questo Diritto umano di base, chiedendo la ripetizione del concorso o, in subordine, un atto concreto e riparatorio da parte dello Stato verso chi ha dovuto partecipare in condizione di disuguaglianza e di svantaggio.
E tuttavia il patrocinatore non basta! Occorrono anche i convenuti. Cioè quelle persone specifiche che hanno patito la specifica violazione del Diritto. E io, al momento, di questi convenuti, non ne vedo e non ne sento alcuno. Al di là della tua segnalazione, forte, chiara, limpida e cristallina, un silenzio assordante e un buio accecante coprono oggi le voci e i volti degli altri protagonisti che con te hanno patito questa violazione del Diritto. Confido tuttavia, che buio e silenzio verranno infranti allorquando l’Unione offrirà in concreto la disponibilità a patrocinare la causa contro questo Diritto così gravemente negato.
Mario Barbuto