Inclusione di qualità, di Girolamo Rotolo

Autore: Girolamo Rotolo

Il passaggio dall’inserimento all’integrazione e quindi all’inclusione, passa attraverso il superamento dell’idea e della prassi di considerare la presenza del disabile a scuola come un “elemento aggiuntivo” alla classe, senza che invece ne determini la ristrutturazione del campo relazionale e dell’intera attività didattica. Questa diffusa concezione che l’alunno disabile appartenga all’insegnante specializzato e , di contro, che questi è assegnato all’alunno “come figura di angelo custode”(Dario Ianes)e non alla scuola e alle singoli classi, nei confronti dei quali espleta la sua attività professionale sostenendoli processi di integrazione e di apprendimento (per questo il docente specializzato assume la contitolarità della classe e non la titolarità dell’alunno o degli alunni.- art L.104/92art. 13c.6).
Già trenta anni fa si poneva il problema di definire il concetto e la funzione della pedagogia speciale. L’attenzione degli studiosi italiani era agli inizi per indicare, la gergo da usare per “classificare” gli alunni e i soggetti disabili, termini come: deficienti, minorati, anormali, diversi handicappati erano alla base della loro terminologia.
La pedagogia è sempre stata in lotta come scienza che ricorre contro le tendenze a medicalizzare i problemi educativi e a relegare i soggetti nell’ambito della patologia. Anche la formazione degli inseganti risentiva di una profonda medicalizzazione. Sono trascorsi trent’anni dalla legge n.517del 1997 che chiedeva l’avvio dell’integrazione scolastica, considerando le criticità emerse e di ripensare con estrema necessità il sistema scolastico. Soltanto di recente si è iniziato ha parlare di alunni con bisogni particolari in ambito europeo e questo è servito al nostro paese come traino per capire che i bisogni degli alunni sono un bisogno sociale innanzitutto, l’insegnate non ha davanti a se un “alunno malato” ma un alunno. Gli alunni con particolari bisogni formativi “special needs” sono presenti nell’eterogeneità del nostro sistema scolastico, quindi bisogna capire che in primo luogo l’alunno è il punto focale di partenza del nostro modo d’insegnare, dobbiamo essere capaci di programmare una didattica normale con dei bisogni formativi adatti alla sua struttura mentale. È l’insegnate che dovrà accomodarsi al modo di apprendere “dell’alunno speciale” e non viceversa. La personalizzazione dei bisogni dell’alluno è l’obiettivo presente e futuro del nostro sistema scolastico, bisogna adeguare con delle leggi e dei mezzi che vengano incontro ai suoi bisogni. Termini come progettazione, apprendimento, comunicazione, didattica speciale dei bisogni, certamente sono nuovi per la cultura scolastica del nostro paese. Il bisogno educativo si estrinseca non soltanto nel modo di insegnare all’alunno speciale bensì è di esempi per tutti quanti noi perché tutto possiamo essere diversamente abile e speciali allo stesso tempo. Il ruolo e figura dell’insegnate specializzato è quello che egli stesso deve farsi speciale, collaborando con tutte quelle sinergie che sono presenti nel territorio della scuola sia esse interne che esterne. Tutti i docenti sono coinvolti nella riorganizzazione dei curricoli, in funzione dei bisogni della persona, sapendo gestire le attività di aula di apprendimento con mezzi e strumenti inerenti alle caratteristiche degli alunni speciali.
La rete che si sviluppa con il sistema territorio è importante, anzitutto il ruolo apicale della famiglia di origine, subito dopo la scuola con il suo sistema di relazioni interne ed esterne nella quale riesce ad affrontare con le dovute sinergie le eventuali problematiche nascenti. La collaborazione di rete (territorio, enti, associazioni, impianti sportivi, famiglie, centri diurni, centri di ascolto ecc..)sono la ragnatela positiva per un inserimento efficace ed una crescita piena dell’ alunno speciale. Le istituzioni scolastiche sono fortemente impegnate nel creare un progetto scolastico adeguato per gli alunni speciali, i quali permetta loro di affrontare e crescere con un input maggiore per dimostrare a se stessi che sono alunni normodotati e non speciali. Il progetto di vita, quello non compete alla scuola ma alla famiglia e con la collaborazione e il consolidamento di altre figure professionali che possano mettere l’individuo al centro del bisogno di crescita e di Formazione di Vita richiede un analisi di una lunga serie di incognite di non facile risoluzione.
Girolamo Rotolo