Contributi dei lettori: I nemici dei ciechi!!!, di Gianluca Fava

Autore: Gianluca Fava

Nell’autunno 2012, alcuni impiegati del Comune di Piano di Sorrento venivano indagati per vari motivi, diversi episodi ed a vario titolo,per “assenteismo”.

In data 14/06/2013 lo scrivente, avvocato penalista del Foro di Napoli ed iscritto alla sezione provinciale di Napoli dell’U.I.C., riceveva giusto mandato difensivo dal sig. … per il proc. Pen. N° … R.G.n.r.

 

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata, nella persona del dott. Manzi, decideva per la richiesta di rinvio a Giudizio.

L’udienza preliminare veniva fissata per il 27/02/2014; ma, per un difetto di notifica alla parte offesa (Comune di Piano di Sorrento), si rinviava al 13/05/2014.

Essendo anche il mio assistito cieco assoluto, lo scrivente eccepiva probabilmente per la prima volta in Italia, attraverso il deposito di un’istanza scritta e corredata di documentazione attestante l’effettiva cecità dell’imputato in questione, la nullità dell’avviso dell’udienza preliminare, non solo perché non trascritto in braille, ma anche perché preceduto da una richiesta di rinvio a giudizio ed un avviso di interrogatorio, anch’essi affetti da nullità perché non trascritti in braille.

Inoltre, come subordinata, si sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 419 C.P.P. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede anche che, in caso di imputato cieco, l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare è nullo se non è trascritto in braille.

L’eccezione di nullità e la conseguente ed eventuale questione di legittimità costituzionale, a modesto avviso dello scrivente, non solo appaiono manifestamente fondate, ma anche assolutamente rilevanti.

Perché? nel predetto atto, si affermava tra l’altro, che in un sistema processual penalistico dove giustamente si tenta di garantire la piena partecipazione ad un processo di imputati appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute, stranieri, muti, sordi e sordomuti, notificare ad un imputato non vedente atti processuali non trascritti in braille, rappresenta una palese violazione quantomeno dell’articolo 3 della Costituzione, se non addirittura dei diritti dell’uomo e del cittadino; infatti, si aggiungeva nell’atto de quo e nella relativa illustrazione orale, che la difesa penale è personale ed il braille è l’unico “sistema” veramente idoneo per mettere a conoscenza di un disabile visivo un documento scritto.

Inoltre, si precisa, che se è vero come è vero che una tale situazione può penalizzare, ad esempio, anche un avvocato privo della vista e di fatto almeno in parte lo fa, è anche vero che un imputato con il medesimo handicap ha il diritto e la possibilità di farsi assistere da un professionista vedente, ma non può in nessun modo cambiare il proprio “status” processuale.

Il Gup Antonello Anzalone rigettava l’eccezione di nullità e non accoglieva la relativa questione di legittimità costituzionale.

L’udienza procedeva, la requisitoria e le arringhe si protraevano fino alla successiva udienza del 09/07/2014 e, in quella data, tutti gli imputati (compreso il mio) venivano rinviati a giudizio per il 30/10/2014.

Dopo alcune udienze rinviate per difetti di notifica alle parti, all’udienza dibattimentale del 5 febbraio 2015 chi scrive attaccava di nuovo!

La norma “incriminata”, però, diventava ovviamente solo l’articolo 429 del Codice di Procedura Penale che disciplina il Decreto di Citazione a Giudizio e non più l’articolo 419 del medesimo Codice che, invece, “parla” degli atti introduttivi all’udienza preliminare.

Gli articoli della Carta considerati violati, invece, restavano sempre il 3, il 24 ed il 111.

La prima mossa tecnicamente indispensabile, era costituita da un’eccezione di nullità del Decreto di Citazione a giudizio, perché, per l’imputato non vedente, non era trascritto in braille!

In sede di illustrazione della succitata eccezione, lo scrivente, tra l’altro, tuonava: “se per il cittadino straniero la non comprensione della lingua italiana è il Presupposto indispensabile perché vi sia l’obbligo di traduzione dell’atto processuale, la trascrizione in braille dello stesso atto deve avere come unico presupposto la cecità, la quale, nel caso di specie, non solo è ampiamente provata e documentata, ma è anche assoluta”.

Il P.M. di udienza Barbara Aprea, contrariamente a quanto fatto dal suo collega dell’udienza preliminare, si associava all’eccezione di nullità sostenendola con fermezza attraverso la produzione di relate di notifica riportanti lo stato di cecità assoluta del destinatario.

La Corte si ritirava per deliberare ed usciva dalla Camera di Consiglio con una decisione tanto scontata, quanto utilissima per il prosieguo della “battaglia”: il rigetto dell’eccezione di nullità, per assenza di norme ad Hoc!

Affermazione giusta, ovvia, scontata ed attesa anche dall’autore dell’eccezione, il quale rilanciava ancora appoggiato anche dalla Pubblica Accusa e dagli altri difensori del processo come, tra gli altri, Lucilla Longone, Salvatore Vitiello e Catello Vitiello, sollevando una questione di Legittimità Costituzionale dell’articolo 429 del Codice di Rito per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il Decreto di Citazione a giudizio notificato ad imputato non vedente, è nullo se non trascritto in braille.

L’illustrazione orale di detta questione si concludeva con una domanda: “l’articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge, o che tutti i cittadini vedenti sono uguali davanti alla Legge?”

A quel punto, la Corte decideva di rinviare il processo al 26 marzo 2015, per decidere se la questione di Legittimità Costituzionale sollevata poteva essere considerata fondata e rilevante e, quindi, eventualmente trasmettere gli atti alla Consulta.

Anche la stampa da quel giorno si rendeva conto della delicatezza della questione in esame e, oltre che con “la Repubblica” del 13 febbraio 2015 e con “il Mattino” di Napoli del 15 febbraio 2015, ancor prima se ne occupava con “metropolis”, la cui giornalista Alessandra Staiano il 6 febbraio 2015 scriveva: “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge? O tutti i cittadini vedenti sono uguali davanti alla legge? La domanda può sembrare una provocazione, ma è un quesito assai delicato sul quale ora i giudici della prima sezione del Tribunale di Torre Annunziata dovranno decidere se rinviare la palla alla Corte Costituzionale.

Interrogativo nel quale si intrecciano principi fondamentali come l’eguaglianza, il diritto alla difesa e la tutela dei diversamente abili. Il rischio di una discriminazione nelle aule di giustizia è dietro l’angolo perché mai come stavolta in un aspetto tecnico e formale del diritto c’è la vita concreta che palpita”.

La discriminazione in esame, che prima del processo in questione stranamente godeva di ottima salute non avendo trovato mai alcun “ostacolo” né normativo né giurisprudenziale, stava per trovare, grazie alla I sezione del Tribunale di Torre Annunziata in composizione collegiale Presidente Ciollaro, se non ancora la morte, almeno uno stato di coma irreversibile?

Macché!

In data 26 marzo 2015, la Corte scioglieva la riserva!

Come?

Rigettando la suddetta questione di legittimità costituzionale, perché, in soldoni, l’imputato in questione comprende la lingua italiana, il processo si celebra in italiano ed il braille non è una lingua ma un metodo di scrittura!

A quel punto il processo veniva rinviato al 4 giugno 2015 per il prosieguo del primo grado di giudizio e l’odiosa discriminazione nei confronti degli imputati non vedenti, poteva tirare un altro sospiro di sollievo!!!

Adesso si spera, ovviamente, di non arrivare al secondo grado di giudizio; ma se ciò dovesse accadere, ovviamente chi scrive sicuramente continuerà la battaglia in questione.

Quello che lascia basito l’autore di queste poche righe, però, è proprio la reazione di diversi appartenenti alla categoria dei ciechi; infatti, nei giorni immediatamente successivi al 26 marzo 2015, lo scrivente ed il proprio assistito venivano fatti oggetto di un vero e proprio attacco scritto e verbale!

Numerose sono le affermazioni ingiuriose, calunniose, diffamatorie e prive di qualsiasi fondamento giuridico che, proprio quelli che avrebbero dovuto apprezzare l’iniziativa senza precedenti, sono state e sono pronunciate ancora!

Alcuni “giuristi” improvvisati, affermano che la questione è inutile e finalizzata solo a perdere tempo, perché in luogo del braille, si dovrebbe chiedere ad esempio, l’uso delle mail, dimenticando:

1) che tale metodo, in Italia, è previsto solo per gli avvocati e non anche per gli imputati;

2) che detto indirizzo mail, deve essere di posta elettronica certificata, che è obbligatoria solo, in procedura penale, per gli avvocati;

3) che, quindi, quello che non è previsto per gli imputati vedenti, non si può chiedere per quelli privi della vista!

Qualcuno afferma che la tecnologia moderna ci permette di leggere agevolmente gli atti scritti, verissimo; ma agli stessi assertori di tale tesi, sfugge che la tecnologia “offre” anche degli ottimi traduttori, eppure agli imputati stranieri od appartenenti alle minoranze linguistiche riconosciute, il diritto italiano e quello internazionale “impongono” atti scritti nella lingua dell’imputato o in una di quelle più conosciute: cosiddette lingue veicolari.

Una domanda sorge, per dirla con Lubrano, spontanea: i veri nemici dei ciechi sono i ciechi stessi?

 

Gianluca Fava

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