Alla scoperta dell’Istituto Paolo Colosimo, di Mario Mirabile

Autore: Mario Mirabile

In occasione della rassegna “Maggio dei monumenti”, tradizionale appuntamento culturale partenopeo, anche i ciechi diventano visibili. Infatti, in queste settimane è stato possibile per molti gruppi poter visitare il prestigioso Istituto Professionale Paolo Colosimo, in cui per decenni si sono formati centinaia e centinaia di non vedenti ed ipovedenti provenienti da tutta l’Italia Meridionale. Dopo aver appreso le notizie circa la fondazione dell’istituto voluto dalla famiglia Colosimo, i visitatori sono stati accompagnati da allievi ed ex allievi, per una volta guide turistiche, alla scoperta delle bellezze presenti nell’ex convento. partendo dalla sala vendite, i visitatori sono stati accompagnati dapprima nella cappella in cui sono presenti antichi dipinti, per poi essere accompagnati nei laboratori dell’istituto. Qui la bella, quanto amara sorpresa. Infatti, come nel laboratorio di tessitura è stato possibile ammirare telai antichissimi adattati alle esigenze dei privi di vista, così nell’antica falegnameria sono stati mostrati gli attrezzi con cui gli allievi, adeguatamente formati, lavoravano il vimini e producevano manufatti in legno che erano utilizzati anche all’interno dell’istituto. Infatti si producevano ausili per la scrittura braille e per lo studio della matematica da parte dei privi di vista. Ma perché la sorpresa è stata amara? Si fa presto a rispondere. Partendo dal presupposto che è doveroso fare un plauso a coloro che tanto si sono impegnati a riaprire i laboratori, quella organizzata non dovrebbe essere una iniziativa estemporanea ed eccezionale, bensì il Colosimo dovrebbe essere visitabile per tutto l’anno e potrebbe rientrare a pieno titolo nei circuiti culturali e turistici della città. Inoltre, e questa è la considerazione più importante, a modesto parere dello scrivente, i laboratori dell’istituto potrebbero essere utilizzati ancora oggi sia per favorire lo sviluppo della manualità degli alunni non ed ipovedenti, sia per appassionarli ad una attività che potrebbe anche diventare fonte di reddito. Probabilmente, senza alcuna lungimiranza, i laboratori sono stati chiusi troppo frettolosamente senza tener conto che essi, Con la crisi dell’occupazione di massa e con la valorizzazione al contempo dei lavori artigianali, chissà se avrebbero potuto consentire a qualche ragazzo con minorazione visiva di intraprendere una diversa professione. Ma forse è giunto il momento di mettersi a pensare tutti insieme alla valorizzazione ed eventualmente alla riconversione degli istituti esistenti, i quali devono ritornare ad essere luoghi in cui i nostri allievi vengano formati ed avviati in maniera concreta all’ingresso nel mondo del lavoro.